Privacy: il vero costo del web

Cosa faresti se qualcuno ti stesse spiando? E se qualcuno registrasse minuziosamente tutte le tue azioni, lo permetteresti? No, è chiaro. Ma in realtà ogni giorno, per diverse ore, noi acconsentiamo a far registrare dettagliatamente ogni nostra azione. Come? Semplice: connettendoci a particolari siti.

Non è uno scherzo, purtroppo è tutto vero. Per molti siti, i dati dei propri visitatori sono come una miniera d’oro, che se sfruttata può portare ad immensi guadagni.

Uno degli aspetti più inquietanti è il fatto che non si sa con esattezza come e cosa venga usato dei nostri dati di navigazione, e soprattutto se il loro fine sia risalire anche all’identità esatta del navigatore. Nonostante tutto, la mole di dati quotidianamente ricavati sembra non essere sufficiente: si studiano le più incredibili strategie per accumularne di ulteriori dagli utenti della rete.

Qualche esempio. Amazon prometteva sconti a chi si fosse recato in una libreria e avesse fotografato il prezzo dei libri presenti. Pochi avranno intuito che in realtà è stata una colossale indagine di mercato; tra l’altro una trovata molto sleale nei confronti dei librai che hanno protestato indignati. Facebook aveva ipotizzato un modo del tutto innovativo per l’aggiornamento della propria bacheca: la condivisione automatica di ciò che si visita nel browser con tutti gli utenti della propria rete. Certo, un flusso così imponente di informazioni in ballo non potrà garantire di sapere ogni cosa sull’ignaro fruitore, ma per analisi di mercato e vendita di pubblicità mirata sono una vera manna dal cielo.

A questo punto è lecito chiedersi come esattamente si possano carpire i nostri dati. Ci sono varie modalità. La più scontata è il rilevamento della cronologia di navigazione presente nel browser e l’installazione sul computer del navigatore di file di testo detti cookie(letteralmente biscotti). All’interno di un cookie ci sono le più svariate informazioni riguardo alla connessione di specifica pagina come ad esempio l’ora e il giorno in cui ci si è connessi. Ma il modo più subdolo col quale forniamo sempre più dati personali è la creazione di un profilo su un social network. Vi immettiamo il nostro nome, la nostra data di nascita, elenchiamo i luoghi in cui siamo stati e vi passiamo molto più tempo a chattare di quanto non lo trascorriamo con le persone in carne ed ossa. Ovviamente nelle lunghe e spesso incomprensibili informative sulla privacy, viene omesso che ogni singola informazione e anche l’azione più insignificante che compiamo in un social network sarà utilizzata per scopi commerciali. Anche dopo l’eventuale eliminazione del nostro profilo tali informazioni saranno in possesso della compagnia del social network.

I modi per proteggersi da questi abusi sono diversi. Il metodo più facile è eliminare sistematicamente tutti i dati di navigazione presenti nel browser come la cronologia delle pagine visitate. Invece i più smanettoni utilizzano software specifici per mantenere l’anonimato in rete.

In alcuni casi non c’è bisogno di fare chissà che ma basterebbe favorire i social network meno avidi di dati come Twitter. Invece per chi vuole essere ancora più sicuro (e soprattutto combattere cookie e simili) ci sono browser, come Torpark, che tutelano la privacy dell’utente in maniera automatica.

Alla fine si raccomanda in ogni caso di prestare molta attenzione a cosa si pubblica sul Web ed in particolar modo sui social network.