Intelligenza…artificiale?

Film e romanzi spesso hanno evocato o insinuato in noi un’ipotesi affascinante: macchine intelligenti, a volte benigne e altre maligne, capaci di compiere azioni arbitrariamente, senza eseguire i comandi impartiti da un essere umano.

Quasi sicuramente ci sarà capitato, almeno una volta, di credere che il computer sia una di queste macchine. Siamo fuori strada. La parola “computer”in italiano vuol dire letteralmente elaboratore. Il perché è molto semplice: l’unità centrale del computer (CPU) è una calcolatrice molto potente e soprattutto incredibilmente veloce. Per usare tale potenza di calcolo è necessario usare dei software o programmi scritti esclusivamente da persone in carne e ossa. Ogni programma contiene una serie d’istruzioni che permettono di ottenere dei risultati come ad esempio visualizzare un’immagine sullo schermo. È chiaro che il computer non ha una propria intelligenza.

Per dimostrare se un programma per computer sia in grado di pensare o no, nel 1950 Alan Turing propose un criterio – detto “test di Turing” – tuttora valido.

Nel test di Turing vi è un utente che ha di fronte a sé una tastiera e uno schermo: con la prima digita delle domande, mentre sullo schermo visualizza le relative risposte. Le risposte vengono fornite alternativamente da un operatore umano e dal programma. Se almeno il 30% degli utenti non è in grado di stabilire se una risposta gli sia stata data dall’operatore umano piuttosto che dal software, allora il test dimostra che il programma è in grado di pensare. Inutile dire che, ad oggi, il test non è mai stato superato.

La possibilità di avere macchine intelligenti è allora solo argomento di fantascienza? Non è così, perché l’intelligenza artificiale è un ambito fecondo di ricerca scientifica. Secondo qualcuno uno dei precursori dell’ipotesi di una macchina pensante è stato il grande scienziato del ‘600 Leibniz.

Nei primi anni ’50 del XX secolo, invece, si cominciò a parlare d’intelligenza artificiale in ambiti scientifici e lo scopo degli studiosi era quello di implementare sistemi che eseguissero azioni in seguito a semplicissimi ragionamenti. A distanza di anni si sono avuti dei risultati. Ad esempio, nel 1996 il campione mondiale di scacchi Garri Kasparov fu battuto da un programma per personal computer.

L’applicazione più diffusa e agognata dell’intelligenza artificiale è la robotica. Negli ultimi anni, tuttavia, essa viene adoperata per altri ambiti non necessariamente collegati a questa: attualmente l’intelligenza artificiale viene vista come la strada da percorrere per migliorare i risultati delle ricerche sul web. I risultati di un’indagine su un motore di ricerca spesso non sono completamente corretti, perché non riesce a catturare l’effettivo significato della proposizione da ricercare. Invece realizzando programmi che in qualche modo possano gestire a livello semantico una frase, otterremmo risultati molto più attinenti al nostro bisogno informativo. Il web non è in grado di comprendere la semantica delle nostre proposizioni: realizzare una macchina che possa farlo, è un’impresa tutt’altro che facile, poiché la conoscenza del funzionamento del nostro cervello è ancora molto limitata.